Viola Zulian

Cos’è la fame?

come distinguere i diversi tipi di fame

Quando ero specializzanda in chirurgia, mi capitava spesso di prendere parte ad interventi piuttosto lunghi, anche 7-8 ore o più, di operazione.

Verso le 12.30/13 cominciavo a sentire un languorino a livello dello stomaco. Non potendo lasciare la mia posizione, gestivo la mia sensazione di fame e rimanevo concentrata. Improvvisamente, un’oretta dopo, questa sensazione svaniva e alla fine dell’operazione se andava bene, prendevo un caffé.

Lo sò, questa attitudine non è per niente educativa nè tantomeno da emulare.

Ho raccontato questo aneddoto per farvi un esempio di quella che si chiama la «fame dello stomaco»: molti la descrivono come un crampo sotto lo sterno, chi ne è più interessato la paragona ad un «morso», i più la definiscono una sensazione sgradevole.

La fame dello stomaco nasce per lo più dalle abitudini, il fatto di mangiare a certi orari, sincronizza i nostri ormoni (vedi la famosa grelina del post precedente) con il ritmo circadiano che agiscono in combinata. Le onde peristaltiche inviate dal nervo vago, creano quella sensazione di contrazione e rilasciamento tanto nota come «buco nello stomaco».

Ma se cambiate fuso orario, vedrete nel giro di qualche ora, che il corpo acquisirà il nuovo ritmo. Chi pratica il digiuno per diversi giorni, sostiene che la sensazione sgradevole scompare per lasciare posto ad un’energica euforia.

Allora come spiegare quello che mi succedeva in sala operatoria? Semplicemente quello dello stomaco, è un segnale. Se digiuniamo il segnale si spegne. Quello che accadeva a me.
Ciò che voglio dire è che la fame dello stomaco non è sovrana. Quella che dobbiamo ascoltare è un’altra fame, è una fame di necessità, dettata dai bisogni intrinsechi delle nostre cellule.

Io osservo i miei bambini e vedo che giocano fino alla sfiniminento; il più piccolo Ettore, ha preso una strana abitudine da mio papà, cioè quella di chiedere con largo anticipo «cosa si mangia?»… Una volta ricevuta la risposta, continua a giocare con suo fratello.
A un certo punto annunciano: “abbiamo fame!”. Di solito ceniamo piuttosto presto. Una volta terminato il pasto e parlato brevemente della giornata, chiedono «possiamo alzarci?»… quando se ne ricordano.

L’impressione è che per loro, mangiare sia un pit-stop. Hop, ci si ferma – si mangia -si riparte. Si fermano per necessità. Diventando adulti perdiamo questo rapporto al quale si aggiunge molto il piacere, la scoperta, l’amore, il conforto, la protezione, la noia, la tristezza, la depressione e tutto viene sbilanciato.
Le cellule del nostro corpo hanno modo di comunicare di cosa hanno bisogno.

Quando ero una giovane studentessa di medicina, insegnavo aerobica in palestra (quella che oggi viene chiamata Zumba!), quando tornavo dal corso di Pump (corso nel quale si esercitano molto i muscoli con l’uso di pesi) avevo sempre voglia di cioccolato alle nocciole. Chi sa dove si trova il magnesio? Beh, in alte concentrazioni sia nel cioccolato che nelle nocciole. Cercavo nel cibo ciò che i miei muscoli reclamavano.

Altre volte, dopo un corso in cui sudavo molto, avrei saltato volentieri la cena per un aperitivo composto da una tonnellata di patatine: chi indovina? avevo bisogno di cloruro di sodio, il comune sale da cucina, che si trova abbondantemente nelle chips.

L’autrice del libro Mindful eating, Jan Chozen Bays, descrive una forma di picacismo (o PICA, cioé l’abitudine di mangiare sostanze non commestibili come terra, legno)in alcune zone dell’America del Sud dove le donne in gravidanza che molto spesso hanno dei livelli di ferro molto bassi, trovano questo minerale nell’argilla bianca. 1

Il nostro corpo ha un’intelligenza superiore, il problema è ascoltare.
Provate a porvi questa domanda prima di mangiare:
– avete un bisogno che le cellule reclamano?
– se gli date ciò che desidera, dopo qualche minuto, sentite la fame placarsi?
– non aspettate di terminare il pacchetto di patatine, ma mangatele conconsapevolezza, una ad una senza guardare la TV. Cambia qualcosa?

Queste le domande che la dott.ssa Chozen Bays suggerisce di farsi per identificare la fame cellulare:

1. Sedetevi in silenzio, chiudete gli occhi e prendete consapevolezza del Vostro corpo.
Riuscite a percepire se le cellule del vostro corpo sono soddisfatte?
2. Se sono affamate, di che cosa? Liquido o solido? Verdura? Verde o colorata? Frutta? Acida o dolce? Sale? Amido? Proteine? Non é semplice distinguere all’inizio. Potrebbe essere più facile percepire i segnali inviati dalle cellule se provate a fare quest’esercizio prima di mangiare. Sedetevi qualche minuto a occhi chiusi e provate a sentire cosa chiede il vostro corpo.
3. A metà del pasto, fermatevi un attimo, chiudete gli occhi e provate a percepire se è il corpo ad avere fame. Se sì, di cosa? A fine pasto, fermatevi, chiudete gli occhi, e chiedetevelo di Nuovo.
4. A volte quella che ci sembra fame è in realtà sete delle cellule. Prima di mangiare uno spuntino, provate a bere qualcosa, dell’acqua, una spremuta, una bevanda calda. Sorseggiatela lentamente, con consapevolezza e attenzione. Ora rivolgete l’attenzione dentro di voi e osservate se la vostra fame é cambiata. È aumentata, diminuita, chiede del cibo diverso?1

Quindi, per concludere, riuscite a distinguere una fame dello stomaco dalla fame cellulare? Spero di avervi dato qualche spunto di riflessione, di aiutarvi a capirvi meglio. Se avrete un buco nello stomaco, la prossima volta, cercate di porvi qualche domanda e di non cadere subito in tentazione, con qualche junk food. Forse, dico forse, scopriremo qualcosa di più sui nostri veri bisogni.

Con gratitudine,

1. Mindful eating, Jan Chozen Bays, edizione italiana a cura di Paola Iaccarino Idelson
-Enrico Damiani editore

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Viola Zulian e sono un medico specializzato in chirurgia. Da molti anni mi occupo di obesità ed ho preso recentemente la specializzazione in medicina del lifestyle.

Mi piace pensare che grazie alla divulgazione e all’informazione si possa aiutare in grande scala.

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