Viola Zulian

Classificazione dell’obesità

cause ed origini dell’obesità

Dopo qualche anno d’esperienza con I pazienti obesi, ho elaborato in modo semplicistico, alcune categorie dominanti sulla genesi dell’obesità in una persona. Vi sono infatti 8 famiglie di pazienti per ciascuna delle quali la causa del sovrappeso è diversa e per le quali la cura sarà diversa.

Il primo gruppo è quello dei neonati in sovrapeso: si tratta di bambini con elevati pesi di nascita (macrosomia > di 4 kg di peso), per i quali già nella vita intrauterina gli organi endocrini sono stati turbati da un diabete gestazionale, una preclampsia, un aumento di peso importante della madre (dipende dal peso di partenza). Questi bambini hanno già avuto un imprinting epigenetico durante le fasi determinanti del loro sviluppo. Sono bambini che nella migliore delle ipotesi riusciranno a diventare in leggero sovrappeso ma dovranno sempre lottare con la bilancia per tutta la vita, se non addirittura con farmaci per il diabete di tipo 2 durante l’infanzia. In questo caso sarà difficile che divenuto adolescente, il bambino riesca a ritrovare un peso corretto. I soggiorni terapeutici e le diete ipocaloriche inducono effetti devastanti sull’autostima del bambino e sul suo metabolismo. Per molti l’unica soluzione sarà la chirurgia bariatrica. Mi astengo, per il momento, sull’esprimere un giudizio sulla chirurgia bariatrica in età adolescenziale.

Il secondo gruppo è composto da bambini nei quali gli stimoli precedenti possono essere stati presenti ma non in maniera drammatica. Si trovano però a crescere in una famiglia nella quale per ragioni economiche (povertà, disagio sociale, attribuzione ad altre famiglie), o per motivi organizzativi (madre che lavora, mancanza di sorveglianza, lassismo educativo, educazione confidata a terzi), i pasti sono relegati ai fast food, le merende sono confezionate e i succhi sono zucchero con coloranti. In questi casi l’unico modo per uscirne è un colpo di reni della famiglia, che sia capace di cambiare e far rispettare delle nuove abitudini più sane ed equilibrate. Bisognerebbe fermamente evitare la restrizione una volta che il danno è fatto. Piuttosto spingere il bambino a muoversi e cambiare, lì dove possibile, le cattive abitudini familiari. Qualora il tentativo sia fallimentare, ancora una volta l’unica soluzione rimane purtroppo la chirurgia bariatrica.

Il terzo gruppo è composto da ragazzi della fascia preadolescenziale. Si tratta di bambini tendenzialmente di peso normale o di poco sovrapeso, che in un momento delicato della loro crescita accusano un grosso colpo psicologico. Lutti (spesso dei nonni che li hanno accuditi), separazione dei genitori, violenza domestica a sè o contro un genitore, incidono irreparabilmente in questa fragile mente che si sta forgiando senza avere degli strumenti efficaci per contrastatre il dolore. Ogni cellula di grasso ha quindi tatuata la scritta AMORE, ma spesso anche se in famiglia se ne prende coscienza, si è ormai scatenato un effetto a catena. In questi casi ci vuole l’intervento di un buon psichiatra che sappia inquadrare il problema e soprattutto un sostegno familiare che miri ad accrescere la stima ed il rispetto di sè stesso nell’adolescente.

Il quarto gruppo sono gli sportivi agonisti: ragazzi che dotati di talento straordinario (e sono tanti!), investono i primi anni della loro adolescenza e dell’età adulta occupati in allenamenti quotidiani spesso lontani dall’egida familiare. Quando sopravviene un trauma per il quale il giovane atleta è costretto a fermarsi, succede l’inevitabile: crisi depressiva, drastico cambiamento dell’attività metabolica, mancanza di un obiettivo, e così il giovane ancora piuttosto immaturo perde la tramontana e trova conforto solo con il cibo. In questi casi spesso, il giovane abbandona lo sport e si trova quindi ancora più lontano dalla risoluzione poichè il peso aggraverà l’infortunio. La stima di sè subirà un grosso colpo. In questi casi un supporto psicologico diventa mandatorio ed quindi indispensabile incoraggiare il giovane a tornare ad allenarsi (avrà bisogno delle endorfine che era abituato a produrre abbondantemente) o qualora non fosse possibile riprendere, stimolarlo a fare un’attività più consona. Ogni intervento sul peso è imprescindibile da un lavoro psicologico sul giovane e sulla sua identità.

Il quinto gruppo è quello degli “sposati”: giovani che attorno ai ventanni abbandonano il nucleo familiare per costruirne uno proprio, ma la vita di coppia induce i due a prendere coscienza di doveri ai quali fino a quel momento non avevano pensato: lavorare (turni di lavoro), far la spesa, cucinare in modo sano, limitare le uscite, trovare il tempo per sè e per l’attività fisica, gestire i figli, problemi finanziari; sono alcune delle cose che incidono su questi post-adolescenti che d’un tratto cominciano a prendere peso senza nemmeno rendersene conto. Scherzando dico sempre a questi pazienti “allora bisogna cambiare moglie/marito”! Ma il problema va ben oltre. Il paziente deve capire che è suo interesse ripristinare gli equilibri e ritrovare un’igiene di vita. Il problema è che questa presa di coscienza arriva tra i 40 e i 50 anni quando arriva la prima pastiglia della pressione, il colesterolo aumenta, per le donne si aggiungono i sintomi della menopausa e per l’uomo i segni di una disfunzione erettile. In un terreno così consolidato vi dev’essere una forte motivazione per cambiare radicalmente lo stile di vita.

Il sesto gruppo è quello delle “gravide”. Donne che passata l’adolescenza normopeso, cominciano a sfornare pargoli tra i 20 e i 30 anni e a prendere chili su chili, gravidanza dopo gravidanza senza essere capaci di perderli nell’intervallo tra l’una e l’altra. Spesso la gravidanza è voluta e cercata ma evidentemente il carico di stress che pervade la mente della donna diventa insopportabile. È normale avere paura di ciò che non si conosce e spesso nella testa della futura mamma si installano dei tormentoni come “sarò una buona madre”, “che ne sarà del mio rapporto di coppia”, “e del mio lavoro?”, “andrà bene il parto?”, “e se il bimbo non è sano?”. Questi ed altri interrogativi sono il frutto della coscienza e ci si augura di averne una; ma spesso la donna non trova rassicurazioni nel consorte, dalla famiglia, dalle istituzioni e nemmeno dal ginecologo o l’ostetrica che la segue. Purtroppo vedo queste donne quando hanno avuto 3-4 gravidanze e quindi i chili in eccesso sono diventati veramente troppi e non resta che intervenire chirurgicamente. Credo invece che sia dovere morale di ogni medico ginecologo imporre un controllo della curva ponderale e capire quando la paziente abbia bisogno di un sostegno psicologico ulteriore o di avvicinarla a tecniche di rilassamento per la gestione dello stress.

Il settimo gruppo sono i traumi dell’età adulta: violenze, incidenti, attentati, assassinii, lutti, malattie dei cari, diventano un dolore insopportabile ed ingestibile ed il paziente trova dapprima conforto nel cibo e poi lo usa per costruire una barriera tra sè ed il mondo. L’aiuto che ricevono è spesso di natura medicamentosa (antidepressivi) che implementa ulteriormente l’aumento del peso. Chi non passa per un tentato suicidio comunque decide di farsi morire lentamente (più o meno consapevolmente). Altri giustificano il sovrapeso visto quello che hanno passato, non consci del fatto che così vivono una vita difficile ed infelice. In questi casi ho capito che la voglia di vivere deve partire dal paziente ed ad ogni modo la perdita di peso non può che migliorare la qualità di vita e la stima di sè. Dal canto suo un ottimo psichiatra o psicoterapeuta dovrà aiutare a incasellare il dolore e a scavare nel subconscio del paziente per trovare una leva sul quale egli stesso possa far perno per ritornare e vivere.

L’ottavo gruppo è composto dal sovrappeso della terza età. Nelle donne un mix di menopausa, astensione dal tabacco e pensionamento interagiscono con problemi dei figli (separazioni, finanziari) determinado una necessità della stessa del rifugiarsi nel cibo. Queste pazienti sono quelle che rispondono meglio al ripristino di un’igiene di vita. Magari aiutate da un pallone gastrico e dallo studio delle tecniche per la gestione dello stress (meditazione, yoga, respirazione, tai chi), sono donne con un bel po’ di tempo a disposizione nelle quali bisogna saper riaccendere la miccia della motivazione.

Nell’uomo i meccanismi sono simili e vi aggiungerei anche una perdita di “scopo”. La missione dell’uomo era stata per tutta la sua vita quella di provvedere alla famiglia soprattutto economicamente. Arrivato al pensionamento, se non ha coltivato degli interessi paralleli durante la vita, si trova perso. Ha quindi bisogno di ritrovare un “perchè” ed il giusto piacere nel persistere in questo nuovo obiettivo.

Questa classificazione vuole essere una visione semplicistica delle cause dell’obesità e soprattutto un’esplicazione di come non ci si ritrova “obesi per caso”. È vero la società moderna non ci aiuta a mangiare correttamente, la cultura del buon cibo sta diventando piuttosto quantitativa che qualitativa. La povertà delle relazioni ci rende più isolati li uni dagli altri impedendo lo sviluppo di una rete solidale collettiva. Chi è solo, resta ancora più solo. Chi ha un problema di peso è spesso stigmatizzato e messo ai margini della società etichettato come “essere senza forza di volontà”. Come medico dell’obesità ho dovuto fare un percorso personale di anni per non giudicare il paziente obeso e per capire le sue ragioni, quindi non biasimo il prossimo. Spero solo che questa mia classificazione, nata dall’osservazione piuttosto empirica dei miei pazienti, possa aiutare; per chi è in sovrapeso per delucidare e comprendere meglio il proprio percorso, per chi non lo è, per capire e non giudicare il percorso altrui.

Con gratitudine

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Viola Zulian e sono un medico specializzato in chirurgia. Da molti anni mi occupo di obesità ed ho preso recentemente la specializzazione in medicina del lifestyle.

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