Viola Zulian

Cibo ultra-processato

amico o nemico?

L’obesità é una malattia cronica che si sta diffondendo a macchia d’olio. Da un punto di vista epidemiologico si sitima che oltre 600 milioni di persone ne siano affette e che nel 2030 circa Il 70% della popolazione mondiale ne sarà interessata.
Molte le ragioni chiamate in causa, tra cui la disponibilità al cibo, la sedentarietà e la consumazione di cibo energeticamente troppo ricco.
In questo ultimo gruppo, sono additati I cibi ultra-processati .
Probabilmente vi risultarà un termine nuovo, poichè è la traduzione italianizzata di ultra-process food in inglese, che sarebbe «cibo ultra-lavorato».

Ma ne mangiamo veramente ?

Beh a quanto pare sì, grazie al cielo ancora in modo contenuto. Secondo le indagini nazionali europee, neozelandesi e statunitensi, acquistiamo dal 25% al 60% di cibi ultraprocessati. (1) Poichè i trends di consumo sono decisamente in aumento, molti ricercatori si sono interessati alla relazione che quest’ultimi hanno con la nostra salute: fanno bene o male ?

Anzitutto capiamo : cosa sono i cibi ultra-processati ?

• Sono dei cibi costituiti da molteplici ingredienti di uso esclusivamente industriale .
• sono assemblati a partire da sostanze derivate dal cibo o sintetizzate a partire da altre fonti organiche.
• Contengono minime quantità, o addirittura alcuna presenza, di cibo integro allo stato naturale.
• Sono pronti al consumo immediato o hanno bisogno di un minimo riscaldamento.
• Sono grassi, zuccheri e composti salati, privi di fibre e di oligoelementi. (2)
• Sono confezionati ed hanno spesso un packaging allettante.
• Sono altamente palatabili
• Hanno conservanti, additive, coloranti;

Suddivisone in gruppi:

1. ZUCCHERI: pasticerria confezionata, merendine, gelati, caramelle, dolci a base di latticini, cioccolato, barrette energetiche.
2. Frutta e vegetali: polveri per brodo disidratato, brodi in brick, polpettine vegetali, frutta in barattolo, verdure già cotte con salse, dessert alla frutta e yogurt zuccherati.
3. Bevande: gassate e non, dolci o zuccherate artificialmente
4. Carboidrati e cereali per colazione: pane confezionato, primi piatti pronti (surgelati e non), sostituti del pasto dimagranti, torte salate e pizze pronte
5. Carne e pesce: nuggets, bastoncini, salumi, tonno in scatola, carne in scatola, salsicce, hot-dog, insaccati
6. Addensanti, emulsionanti, aromi artificiali, margarine e creme spalmabili

Classificazione NOVA dei cibi ultraprocessati

Il 1^aprile del 2016, l’assemblea generale delle Nazioni Unite (UN), ha proclamto un decennio (2016-2025) dedicato alla nutrizione come parte di un programma di sviluppo sostenuto da FAO e WHO.
Considerando il ruolo che il cibo ha sull’impatto ambientale, il direttore generale della FAO, Josè Graziano da Silva ha detto «Questa rivoluzione pone la nutrizione nel cuore di uno sviluppo sostenibile».
Il concetto di cibo ultra-processato è stato sviluppato da un team di ricercatori dell’Università di Sãn Paulo in Brasile.

«Il fattore più importante ora, considernado il cibo, la nutrizione e salute pubblica, non sono i nutrienti e non è il cibo, ma piuttosto cosa è stato fatto al cibo e ai nutrienti contenuti originariamente in essi, prima di essere acquistati e consumati.
Il punto è dunque la lavorazione del cibo, o per essere più precisi la natura, il grado e lo scopo della lavorazione, e cosa succede al cibo e a noi come risultato di tale lavorazione».

Ma se vogliamo, l’industria del cibo, sostiene che la lavorazione del cibo permette di mangiare un pane senza, muffa, di rendere la marmellata un gel spalmabile, di evitare la separazione del burro d’arachidi etc.
La realtà è che quasi tutto il cibo subisce una qualche forma di trasformazione, dall’idrogenazione industriale alla cottura nel forno di casa nostra.
È dunque seguendo questo proposito che è nata la classificazione NOVA:

Gruppo 1: CIBO NON LAVORATO O MINIMAMENTE LAVORATO

Gruppo 2: INGREDIENTI CULINARI TRATTATI (oli, burro, zucchero, sale)

Gruppo 3: CIBO LAVORATO costituito dal Gruppo 1 a cui viene aggiunto il Gruppo 2

Gruppo 4: CIBO ULTRA-LAVORATO (UPF): non è cibo modificato ma formulazioni fatte quasi o completamente da sostanze derivate dal cibo e additive, con una minima o addiritura alcuna, parte dei cibi del gruppo 1. (3)

Ne si deduce quindi che condire l’insalata con olio d’oliva (gruppo 2) ha un peso completamente diverso da mangiarsi un pacchetto di chips (gruppo 4).
Per evitare dunque, fraintendimenti ed capire il peso che I diversi stadi di lavorazione hanno sulla salute, è stata creata questa classificazione mondiale.

Qual è il problema con il cibo ultraprocessato ?

Così come concepito, l’UPF non é cibo modificato ma delle formulazioni industraili alimentari particolarmente non salutari: grassi, amidi, dolcificanti, sale, additivi. L’UPF è dunque ricco di grassi saturi, idrogenati, privati di ogni componente nutrizionale. Così risultano correlati alle malattie croniche della classe « non-communicable diseases-NCDs».
Le NCDs sono quell’insieme di malattie non trasmissibili da una persona ad un’altra ma che si sviluppano a causa dello stile di vita (alimentazione, sedentarietà, tipodi lavoro, tabacco, esposizione ad inquinanti, etc).
La maggior parte degli UPF sono formulati in modo da dare quasi una dipendenza e rendere difficile scegliere qualcosa di più salutare per impedirne il sovraconsumo.(4)
Poichè si tratta di alimenti sostanzialmente di sintesi, hanno costi di produzione molto bassi.
I profitti servono quasi interamente per sovvenzionare la pubblicità, il packaging attraente e renderli accessibili soprattutto per i più piccoli (sorprese, concorsi a premi, collezione di punti etc). (5)
L’ UPF è inoltre ready to use , ovvero pronto ad essere consumato: talvolta è sufficiente scaldarlo, alter volte basta scartarlo. In questo modo si mangia per strada, al lavoro, davanti uno schermo, in macchina o al telefono. E questo, stride decisamente con il marketing che propone un modello sociale per il quale alcuni cibi uniscono la famiglia… (mi astengo dall’elencarli ma tutti ne abbiamo in testa almeno due o tre!).
Questo mercato ha una struttura oligopolistica (6) (cioè di poche imprese che producono un bene omogeneo, definendo un’offerta falsata tra venditore e acquirente). In questo modo si sostengono tra di esse e costruiscono abitudini alimentari in maniera ubiquitaria: ovvero insegnano a smangiucchiare (in inglese snack, rende meglio l’idea).

Oltre ad essere un problema per la salute e per il sistema sociale, il cibo processato ha un impatto economico.
Le multinazionali del UPF, guadagnano molti profitti grazie al costo molto basso della materia prima. Reinvestono dunque acquistando i mercati locali di cibo minimamente-processato. Per competere con queste, i mercati regionali producono essi stessi del cibo UPF . Così le aziende diventano fattrici monocoltura di materie prime per confenzionare UPF, impedendo lo sviluppo di un mercato alimentare che serva per nutrire le persone con cibo vero.
Questa realtà è maggiormente presente nei paesi in via di sviluppo permettendo la diffusione di un’abitudine non salutare tra la povera gente.(7)
Non dimentichiamo inoltre che l’obesità e le sue complicanze metaboliche, ha un peso economico importantissimo e che dunque, probabilmente pagheremo meno lo scontrino della spesa ma la salute pubblica si appoggia sulle tasche di tutti i cittadini.

Infine, l’UPF ha un impatto ambientale notevole: il suo packaging costituisce da solo un terzo del volume dei rifiuti negli USA. (8) Lattine, scatole di plastica, confezioni monouso, bottiglie di plastica, costituiscono una montagna di rifiuti non biodegradabili.
Le multinazionali, mantendo la loro oligarchia, distribuiscono in tutto il mondo consumando energie non-rinnovabili per il trasporto. Soprattutto per quanto riguarda gli allevamenti animali, sia il consumo di acqua che la produzione di mangimi in monocoltura (soia, mais, etc) inducono un inquinamento ambientale associato ad un impoverimento delle risorse non rinnovabili.

Come incide sulla salute questo cibo ?

Da quando circa 10 anni fa, i ricercatori brasiliani hanno coniato questo termine (9) c’è stato un aumento delle ricerche ad esso collegato. L’oggetto di studio è dimostrare come l’assunzione di cibi poveri da un punto di vista nutrizionale, possano favorire le malattie cardiovascolari (come ad esempio dislipidemia, ipertensione), obesità e sindrome metabolica e cancro. (2)

In un ampio studio prospettico francese (NutriNet-Santé), si sono analizzate e registrate le abitudini alimenatri di 105.159 cittadini in un periodo di 2 anni, seguiti da un follw-up medio di 5,2 anni.
I pazienti che avevano un consumo importante di UPF, avevano un rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare del 10% maggiore rispetto al gruppo a basso consumo.

Sempre nella medesima coorte prospettica, si è visto il legame tra consumo di UPF e tumore al seno. Un aumento del 10% del consumo di UPF, aumenta dell’11% la comparsa del tumore al seno e del 12% l’insieme di tutti gli altri tumori.
Tra le possibili cause di questa relazione, gli autori annoverano:
1. Cibo povero di micronutrienti e di fibre;
2. Elevata risposta glicemica e minor senso di sazietà;
3. Aumentando l’obesità, favoriscono tutti I tumori ormono dipendenti e soprattutto quello del seno nella donna in post-menopausa
4. L’effetto degli additive è poco conosciuto. Anche se la maggior parte degli additivi sono aggiunti rispettando le dosi massime consentite, si conosce ancora poco sull’effetto «cocktail» dell’insieme di più additivi mescolati tra loro.(10)
Per alcuni additivi, gli studi su modelli animali o cellulari hanno dimostrato la loro carcinogenicità che dev’essere confermata nell’uomo.
Per esempio il biossido di titanio è un additivo alimentare che contiene delle nanoparticelle. Ci si serve di queste per sbiancare i cibi o per lasciarle nel packaging in modo che il cibo si conservi meglio e più a lungo. Gli studi sui ratti mostrano che può avere un effetto pre-neoplastico a livello della mucosa intestinale. Quindi la WHO e l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, lo definiscono «possibile carcinogenetico per l’umano (gruppo 2B)». (11)
Stessa cosa si potrebbe dire sull’aspartame: non si conoscono i risultati sul lungo termine .
5. Il processo di riscaldamento dell’UPF, potrebbe produrre molecole come acrilamide.
L’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare la definisce «genotossica», ovvero in grado di modificare il DNA. (12)
Una recente metanalisi, dimostra un’associazione modesta tra acrilamide e tumori dell’endometrio e renale in soggetti non fumatori. (13)
6. Infine, il bisphenolo A, contenuto nel packaging a contatto con il cibo, le evidenze scientifiche mostrano sempre più un suo ruolo nella patogenesi dei NCD, dei tumori riservando un suo ruolo come interfernte endocrino. (14)

Uno studio cross-section brasiliano su quasi 56.000 persone, ha dimostrato come il consumo di cibo UPF sia legato ad un aumento del sovrappeso e dell’obesità in tutte le fasce d’età. (15)
Risulta quindi più che evidente che l’aumento percentuale di cibo UPF è correlato alle malattie NCD, all’obesità al cancro, aumentando la mortalità. (16)

Come comportarsi dunque in merito all’UPF ?

Raccomandazioni delle WHO (17) :

• Bandire i grassi idrogenati (contenuti in prodotti industriali chips, pizza, pasticceria, biscotti, dolci, gelati, creme spalmabili).
• Limitari i grassi saturi al 10% dell’apporto totale di energia. I grassi non devono eccedere il 30% dell’apporto calorico quotidiano. Alcuni animali ruminanti producono grassi idrogenati trans (mucca, pecora,capra e cammello), il loro apporto non deve superare l’1% dei grassi totali.
• Gli zuccheri debbono essere meno del 10% dell’apporto d’energia, considerando che si hanno benefici ulteriori se questo apporto scende al di sotto del 5%. Per zuccheri si intendono zucchero raffinato, miele, sciroppo d’acero, zucchero di cocco,melassa, succhi di frutta.
• Sale: massimo 5 g di sale al giorno ( un cucchiaino da caffé). Dev’essere sale iodato.

Michael Pollan, autore del libro In difesa del cibo, suggerisce di mangiare cibi veri e non trasformazioni industriali di quest’ultimi “non mangiate cibi preparati da persone vestiti come chirurghi” e continua «mangiate cibi prodotti dalle piante e non dagli impianti».

La rivoluzione culturale sull’educazione alimentare è difficile e richiede sforzi immensi.
Io stessa, nonostante sia sollecitata dall’argomento, talvolta sbaglio.
Ma credo che partendo dai più piccoli, si possa diffondere una cultura legata al cibo come nutrimento e non come consumo.
In Italia per esempio è stata lanciata la campagna «Frutta nelle scuole» che permette la disitribuzione di frutta di stagione sensibilizzando le giovani menti. (18)
Mia nipote Aurora, assieme a mia cognate Diletta, hanno creato per I compagni di classe assieme ad una maestra particolarmente attenta e sensibile “la merenda organizzata”: una volta a settimana la merenda é distribuita da produttori locali. Il loro obiettivo è diminuire l’impatto economico ed ambientale del cibo, ma va da sè che significa anche evitare il cibo UPF. (Scuola Elementare di Bolzano Vicentino -VI)
Qui in Francia dal 2013, c’è il divieto di fornire la merenda delle 10.00 poichè favorirebbe il sovrappeso e l’abitudine a smangiucchiare.(19) Certo, piuttosto che mangiare delle chips è meglio digiunare, ma ricordiamoci che il cervello funziona solo con il glucosio.
Sarebbe quindi il caso di educare piuttosto che privare, poichè il bambino educato spesso si fa portavoce e paladino in famiglia.
La pubblicità ha un ruolo altrettanto importante, secondo un analisi fatta dall’Università Roma Tre, un bambino che guarda la televisone dalle 16.00 alle 19.00, guarda una pubblicità alimentare ogni 5 minuti (e non sono reclam di carote e ceci !ahimè)! Per il momento non ho trovato leggi che limitino questa esposizione.
Io personalmente, non faccio guardare la televisione ai miei figli durante la settimana, e nel weekend esistono le piattaforme a pagamento che oramai hanno prezzi veramente irrisori.
Lo so, il lavoro da farsi è titanico ma sono convinta che le voci comincino a farsi sentire.
Senza proselitismo ma con tanta benevolenza, dovremmo seguire un atteggiamento volto a dare l’esempio. Spero cha anche tu, eroe/eroina che sei arrivato alla fine di questo articolo, riesca ad essere più sensibilizzato all’argomento e possa cercare di migliorare la tua alimentazione quotidiana sapendo che votiamo con il nostro denaro e che le nostre scelte avranno, inevitabilmente un impatto economico…. Sì, anche con quell’euro e cinquanta di quella lattina di soda.

Con gratitudine

[1] C. Luiten et al. Ultra-processed foods have the worts nutrient profile, yet they are the most available packaged products in a sample of New Zeland supermarket. Public Health Nutr 2016

[2] CA. Monteiro The UN decade of nutrition, the NOVA food classification and the trouble with ultra-processing Publ Health Nutrition 2017

[3] CA Monteiro, The UN decade of Nutrition, the NOVA food classication and the trouble with ultra-processing , Public Health Nutrition 2017

[4] K Brownell Food and addiction. A comprehensive Handbook. Oxfor press

[5] P Chandon, Does food marketing need to make us fat? A review and solutions Nutr Rev 2012

[6] CA Monteiro, The snack attack, AM J of Public health 2010

[7] Rockfeller foundation , Unhealthy Developing World food market , 2013 Developing-World-Food-Markets.pdf

[8] Institute of food technologist, Fodd technology and its environmental impact, Food Technol 2012

[9] CA. Monteiro The issue is not food, nor nutrients, so much as processing. Public Health Nutr2009

[10] Fiolet T, Consumption of ultra-processed foods and cancer risk: results from NutriNet-Santé prospective cohort, BMJ 2018

[11] IARC Working Group on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans Carbon black, titanium dioxide, and talc. IARC Monogr Eval Carcinog Risks Hum 2010

[12] Acrylamide in food. EFSA Journal 2015

[13] Virk-Baker MK, Dietary acrylamide and human cancer: a systematic review of literature. Nutr Cancer 2014

[14] Muncke J. Endocrine disrupting chemicals and other substances of concern in food contact materials: an updated review of exposure, effect and risk assessment. J Steroid Biochem Mol Biol 2011

[15] D Silva Canella Ultra-Processed Food Products and Obesity in Brazilian Households (2008–2009), Plos One 2014

[16] R Blanco-Rojo Consumption of Ultra-Processed Foods and Mortality: A National Prospective Cohort in Spain , mayo Clinic proceedings, 2019

[17] healthy-diet

[18] fruttanellescuole.gov.it

[19] senat.fr/

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Viola Zulian e sono un medico specializzato in chirurgia. Da molti anni mi occupo di obesità ed ho preso recentemente la specializzazione in medicina del lifestyle.

Mi piace pensare che grazie alla divulgazione e all’informazione si possa aiutare in grande scala.

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